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BIO

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Michele Falanga nasce nel 1865 a Bagnara Calabra (Reggio Calabria) da Giuseppe, ufficiale della Regia Marina, e Vincenza Polimeni. È il secondogenito, dopo Beatrice. Muore a Messina nel 1937.
La sua formazione, severa, ha come precettore il padre che, esercitando un grande controllo sulla sua vita, gli provoca turbamento. La condotta e le speculazioni azzardate del padre, che sperpera l’intero patrimonio familiare indebitandosi fortemente, contribuisce ad accentuare il distacco tra loro, sino a renderlo insanabile.
Nel 1879 si trasferisce con la madre a Messina (terra natia del padre), nel quartiere di Santa Lucia.
Privato della figura paterna,  la madre -  donna profondamente religiosa, energica e  legata alle convenzioni sociali - affida la sua educazione ad un istitutore ecclesiastico, il reverendo padre Restuccia di Mili San Pietro, che influirà significativamente sulla sua formazione culturale.
Ama studiare, soprattutto materie letterarie classiche, la teologia, la filosofia e la storia.
Al tempo la città di Messina appare in grande fermento  e attira molti capitali stranieri, favorendo così l’apertura di nuove attività commerciali ed industriali. 
In questo contesto, Michele avvia in centro città un grande laboratorio di pellami e scarpe, divenendo punto di riferimento dell'aristocrazia locale.
Nel 1892, all’età di 27 anni, contrae matrimonio con Bordino Grazia di Montechiaro, con la quale va ad abitare in via dei Monasteri, l'attuale via XXIV Maggio.

La quotidianità viene interrotta da uno degli eventi più tragici del nostro Paese: il disastroso terremoto del 1908 che colpisce Messina coinvolge Michele in prima persona; sepolto sotto le macerie viene soccorso dall'amico, il barone La Lumia Aldisio. Salvo per miracolo, perde nel disastroso evento i figli Giuseppe e Samuele.

Questi accadimenti fanno sì che in lui si radichi una complessa concezione della vita e del destino. La sua cultura e la conoscenza approfondita delle dinamiche della città, sia sotto l’aspetto socio-culturale che storico, lo spingono a dedicarsi in maniera quasi spasmodica alla scrittura.Crea così testi in prosa, poesia e poemetti, in idioletto e non, incentrati principalmente sulla cultura e la tradizione messinese; viene più volte chiamato a redigere articoli su periodici dell'epoca, riguardanti incisivi avvenimenti politici e sociali. Alcuni di questi scritti sono oggi custoditi presso la Biblioteca Regionale di Messina.

Lo scoppio della prima guerra mondiale, che coinvolge l'Italia nel 1915, lo trascina nella propaganda bellica, facendolo partecipare in prima persona a manifestazioni patriottiche e donandogli nuovo dinamismo.
Influenzato dal regime autoritario dell'epoca (fascismo), in quello che risulterà poi essere l’ultimo periodo della sua vita, sente l'esigenza di comprendere financhè a cimentarsi nell’arte visiva, intesa sia come forma di testimonianza storica che propagandistica, complice anche l’assidua frequentazione di studi d’arte primi tra tutti quelli degli amici: il pittore Daniele Schmiedt e lo scultore “Tore” Calabrò.
L’essere contemporaneo e simultaneamente corregionale ad artisti del calibro di Pippo Rizzo e Giulio D’Anna (messinese d’adozione) avendo la possibilità di visitare in prima persona le loro mostre dedicate all’aeropittura, quale declinazione dell’arte futurista, lo invogliano - dagli anni ‘20 fino alla sua morte -, nell’autodidattica sperimentazione di bozzetti, disegni, progetti e opere pittoriche. Realizza le sue creazioni per lo più su supporti “poveri”, quali fogli di vecchie riviste e di giornali che divengono per lui tela bianca da riempire. Si tratta di opere fini a se stesse realizzate non a scopo commerciale o espositivo, bensì per compiacere la propria creatività e coltivare il proprio talento.
Gli eredi Falanga si prefiggono oggi il compito di raccogliere, catalogare ed archiviare le opere letterarie e visive del proprio avo, testimone storico degli avvenimenti che hanno segnato la città di Messina e l’Italia intera.

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